L’odissea Salutation

Genesi di uno strumento

Cristina Baruffi*


Lo strumento rende effettive delle intenzioni, dei sentimenti, valori, e atti di relianza [1]. Impone rigore e precisione nell'approccio. Sublimando la vita sensoriale, affettiva e l'energia psichica, crea le condizioni propizie per l’esplorazione di esperienze singolari. Tutti i culti sani, tutte le pratiche o ricerche alla scoperta di realtà umane profonde, necessitano di strumenti per comunicare con esattezza ciò che sono e far emergere quanto trascende le generazioni e le culture.

Maud Robart  


In questo modo la nozione di strumento, centrale nella metodologia di ricerca di Maud Robart, sostiene una visione della creatività che prende corpo da canti, danze, movimenti, estratti a tal fine direttamente dalla liturgia vudu afro-haitiana. Una ricerca che si realizza oggi in contesto laico, al di fuori di Haiti e nella quale da più di vent'anni ho scelto di impegnarmi. Questi strumenti, giunti da lontano, rappresentavano per me una sorta di lascito vivente dell'Africa ancestrale, che ho potuto scoprire grazie alla pratica. L'effetto dei canti su di me, nel qui-ora, è stato sempre così pregnante da non farmi avvertire alcuna necessità di interrogarmi sulla loro storia. Davo per scontata l'idea comoda che non fossero soggetti a cambiamento. Tuttavia, eventi atipici accaduti durante l’esplorazione pratica con Maud Robart hanno messo in luce per me la capacità singolare di evoluzione spontanea di questi elementi, un'evoluzione sulla quale oggi posso testimoniare.
Il corpus di strumenti, composto prima di tutto da tecniche rituali secolari, codificate, favorisce paradossalmente l'emergere di strumenti nuovi, fonte manifesta di sorprese, nel dispositivo.
Come rappresentarsi o spiegare, un simile fenomeno di emergenza nel contesto di questa esplorazione? Si tratta di eventi accidentali? Si tratta d’innovazione, di meticciato culturale o di rottura con la tradizione?

Parliamone direttamente con Maud Robart:

(MR) Personalmente, non cerco di far rientrare questo tipo di eventi in una categoria. L'importante, a partire dal mio vissuto, è l’essere ricondotti alla sorgente di questo fenomeno, nel momento palpabile eppure indefinibile che lo genera.  Sento il fenomeno come una sorpresa della vita, nella sua urgenza sensoriale, energetica, dinamica. Lo vivo, prendo parte al suo emergere, senza nessuna pretesa d’innovare.

(CB) Direbbe che si tratta di un epifenomeno ?
(MR) Anche se, per certi versi, vi assomiglia, non possiamo ridurlo a un epifenomeno accessorio. Con la sua propria consistenza, questo fenomeno contribuisce a rendere complessa la mia ricerca, a fecondarla di nuovo slancio, con conseguenti possibilità nuove d’azione e d’esperienza.

(CB) Che cosa si gioca al cuore della genesi di questi nuovi strumenti?
(MR) Si può osservare il momento particolarmente fecondo d’incursione della Vita nella situazione, oppure ancora la strizzata d’occhio di Kairos, dio dell'occasione opportuna. I canti e i movimenti che motivano la mia ricerca ci riconducono nella piena vitalità della Vita [2], nel dinamismo delle sue forze profonde. Attraverso essi, qualcosa di nuovo può sgorgare in ogni istante.

(CB) È possibile discernere immediatamente i meccanismi che intervengono in questi avvenimenti?
(MR) Questo fenomeno non è lineare, né meccanico, ma il prodotto che emerge da interazioni complesse, paradossali. La tensione dinamica dei vari piani ed elementi attinenti al contesto singolare della mia pratica, è soggetta a creare aperture inattese.

(CB) Ci devono essere degli indicatori identificabili?
(MR) Si, la componente ritmica ripetitiva di questi strumenti, certamente. Quando il ritmo è sovrano, induttore, come spesso accade con gli strumenti che giungono fino a noi dall'antica Africa, esso può percuotere il nostro sistema sensoriale. Può riportarci a un'esperienza vitale profonda, ad un livello di percezione grezza mai vissuta prima e da lì suscitare il prorompere di nuove manifestazioni vocali, gestuali...     

(CB) In che modo queste organizzazioni embrionali, inedite, riescono concretamente ad imporsi nel corpus iniziale di strumenti che stiamo esplorando?
(MR) È un processo che per lo più si svolge in due tappe:   
- Un evento-sorgente, spontaneo, instabile, che prefigura lo strumento nascente.
- Una fase di messa in condizione del fenomeno verso uno stato più stabile e reiterabile.
- Fase che sento come una cocreazione tra l'artista e la vita.

(CB) Cosa si deve intendere per cocreazione con la vita?     
(MR) È l'arte di lasciare la vita stessa condurre il gioco. Fare lega con la forza vitale, senza imporsi sul fenomeno, senza idee preconcette riguardo al risultato finale, è un'esperienza sconcertante di partecipazione.

(CB) Degli esempi, Maud?   
(MR) Un giardiniere che prova meraviglia per il miracolo della vita lavora in cocreazione con la natura. Sa intuitivamente che è la natura ad operare, allora, la contorna di cure, non fa nulla che possa contrariare “il sacro sforzo delle cose verso la vita”.

È significativo anche l'esempio di Bach. Egli non si sentiva come un compositore di musica. Ne era solo il servo: " È Dio che compone e io prendo la dettatura", avrebbe detto.  La possibilità di strutturare un nuovo strumento, in interazione intima con le energie vitali, a partire da un evento fugace, mi appare innanzitutto come in un flash: bisogna vedere rapidamente per coglierne l'opportunità. Ma vedere in fretta cosa?

(CB) Vedere in fretta?  
(MR) Vedere in fretta perché il fenomeno non si presenta subito sotto una forma solida. Si tratta di provare dentro sé stessi l’energia intrinseca a questa possibilità, riconoscere il principio organizzatore che l’annuncia e il cui effetto è percepibile nella nostra sensazione primitiva, attraverso manifestazioni particolari (certi tremori, scosse, pulsazioni ritmiche, aperture, folgorazioni sonore o luminose...), intente ad affermare il loro desiderio di esistere. Primi getti che bisogna essere in grado di afferrare al volo per offrire loro un varco perenne.

(CB) In altre parole?
(MR) Essere capaci di fare quanto va fatto nell’istante propizio. Come sposare il movimento di un'energia che cerca di divenire specifica? Come accompagnare, per quanto possibile, un impulso creativo all’interno di un processo di cristallizzazione nella forma coerente, ripetibile e comunicabile che gli corrisponde? Proprio quella che esso deve avere, quella che, senza essere fissa, consenta l’emergere delle virtualità specifiche proprie a questa forma, ne assicuri l'effettività. È in questo che risiede tutta la finezza dell'operazione, che consiste nello strutturare un nuovo strumento in intelligenza con la vita. Operazione intuitiva, collegata alle leggi primarie della nostra sensibilità, nella quale il pensiero analitico non interviene direttamente; un tale pensiero è primitivo, si fa percettivo. Questi rari eventi sono molto entusiasmanti. Mi pongono in un rapporto inedito con l’antico, collegano – come potrebbe dire uno scienziato – il latente invisibile allo stato organizzato del visibile.  

Alla luce di quanto introdotto da Maud, è necessario sottolineare che all’interno di questa pratica ogni nuova struttura possiede una propria modalità d’apparizione. Nel presente testo ho scelto di concentrarmi sulla congiuntura singolare che ha dato origine e ha permesso la messa in opera dello strumento denominato Salutation.

Il fatto iniziale    

Era un giorno torbido, di cielo basso, nessun uccello cantava e una certa apatia si era infiltrata in modo insidioso nel gruppo, tutto incitava alla frammentazione, alla separazione. Maud Robart più di una volta fu costretta a riprenderci nei canti. Quando, ad un tratto, cambiando improvvisamente strategia – forse per provocazione – ci suggerì di salutare qualcuno o qualcosa. Anche in questo caso, da parte nostra non ci fu alcuna reazione spontanea. Ma poco dopo, una di noi osò entrare in gioco tracciando con i suoi pugni dei mulinelli in aria, in segno di saluto.

Subito Maud diede incoraggiamento a questa prima risposta, poi la vidi piena di brio e girando su sé stessa, offrire a ognuna di noi sparse nello spazio un segno di saluto che lasciava sfuggire da una spirale realizzata con le sue braccia.
Attraverso il suo corpo volteggiante, il movimento cominciò a riunirsi in un campo di forza. Stimolato da questa visione, tutto il gruppo lo sperimentò in una gioiosa confusione. La situazione era completamente mutata, passando senza transizione dallo stato d’inerzia alla più rinvigorita partecipazione. L'azione prese vita e rilievo, si fece significante.
Ho evocato il torpore, l'isolamento e l'invito di Maud a salutarci; ho nominato lo stupore, la gioia, ma non ancora la reticenza che ci impediva di assumere l'impegno limpido di salutarci. Comprendevamo bene che l'esecuzione spontanea di questo atto non poteva essere posta a livello di un cordiale «ciao, ciao»; non si trattava nemmeno di produrre un qualsiasi altro gesto stereotipato di saluto. Tuttavia, questa reticenza non era forse legata al fatto che a nessuno piace essere messo di fronte alla propria profonda incapacità di rispondere?

A proposito dell’istante iniziale, Maud osserva:

“L'interesse in questi momenti senza ardore, senza splendore, è di prendere coscienza di ciò che accade dentro di noi, di accorgersi all'istante, di quali tipi di energie forgiano la nostra modalità di stare al mondo. Dopotutto, come slancio verso l'altro, quale significato fondamentale ha un saluto, se non quello di riconoscere la dignità originaria che abita l'essere che si saluta… Salutare dona esistenza all'altro. Salutare è un ponte tra me e l'altro”.

Processo di strutturazione 

Riprendiamo il filo del nostro racconto.
Subito dopo averci offerto il suo modello di saluto, Maud Robart incaricò un piccolo gruppo, del quale facevo parte, di farne risorgere la struttura netta. Il compito era ben definito: dovevamo immergerci in questo movimento ripetitivo, appena rivelato e dunque fragile, senza perdere la vita che era presente nello slancio del primo momento, affinché esso potesse comunicare, in una forma precisa, l’intenzione intima del saluto.
Due elementi chiave mi avrebbero guidata.
In primo luogo avevo come bussola, nella memoria del mio corpo, una musica silenziosa che l'azione ritmica di Maud aveva risvegliato. Mi aggrappai a questa sensazione perché ne avevo il presentimento, quest’onda ritmica ancora vibrante in me era la giusta pista per catturare fedelmente l'energia pulsante emanata dal modello iniziale.
Poi, dal primo istante, un'altra cosa mi aveva stupita: Maud compiva delle rotazioni attorno al suo asse vertebrale con una tale fluidità da lasciar credere che non facesse alcun passo, che non toccasse terra. Questa fluidità incarnata, anch'io aspiravo a trovarla sapendo che non deriva né dalla volontà né dalla sola tecnica.

A questo stadio esisteva poco spazio per l'improvvisazione poiché, ricordate, la rotazione su se stessi, si era presentata subito come la matrice del saluto; era quindi il "giro", l’elemento che bisognava conquistare. Provammo rotazioni continue a sinistra, rotazioni continue a destra, senza raggiungere tuttavia un effetto operativo. E inoltre era necessario coordinare alle rotazioni il movimento delle braccia e quello della mano, coinvolti anch’essi nel saluto al pari delle altre parti del corpo.

Dopo molti tentativi-errori e rettifiche, un giorno constatai che l'impulso adeguato, indispensabile per mantenere la fluidità dei giri, poteva con più facilità essere sollecitato ruotando su sé stessi una volta a destra, una volta a sinistra e così via. Si guadagnava inoltre sempre più continuità, invertendo anche il senso rotatorio delle braccia. In tal modo, il cambiamento di direzione delle rotazioni ci condusse verso la struttura precisa, preludio di una nuova pista d’esplorazione in seno a questa pratica.
Ed ecco una breve descrizione dello strumento:  

Salutation è un movimento basato sul principio rotatorio. Il salutatore compie dei giri   completi su se stesso, con passi cadenzati e in senso alternato, avanzando simultaneamente attorno a un punto centrale fisso.
Durante ogni rotazione, il salutatore esegue una sequenza di movimenti dinamici: partendo da un impulso preciso, il corpo si solleva nella sua verticalità, le braccia, davanti al cuore, si avvolgono tre volte l'una intorno all'altra prima che una delle mani si porti verso la fronte, che si inclina dolcemente in segno di saluto.
Senza interruzione di ritmo, la sequenza spiraliforme è ripetuta in senso inverso, invertendo poi i movimenti delle gambe, delle braccia e delle mani. La qualità di ogni rotazione culmina in un saluto, nel tempo sospeso d’una impercettibile pausa.

Ogni volta che ne avevo la possibilità, mi esercitavo da sola. Quando riuscii a mantenere a lungo delle successioni regolari di spirali, Maud Robart mi affidò il compito di allenare tutto il gruppo. Il lavoro collettivo esigeva in ciascuna l’aver già raggiunto un certo livello di padronanza del movimento e anche un senso di condivisione dello spazio poiché, senza orientamento e sincronizzazione, molto presto, ci ritrovavamo destabilizzate, come proiettate su un campo di battaglia.

L’applicazione concreta dell'esercizio fa appello a dei riflessi di base per mobilitare in sinergia tutte le risorse del salutatore, dal biologico allo psichico, dall'inconscio al conscio. L'apprendimento si fonda sulla disponibilità, la chiarezza gestuale, l'ascolto di quanto accade fuori e in sé, ovvero una percezione al tempo stesso globale e differenziata.

In piena pratica di Salutation, i problemi tecnici si risolvevano spesso da soli quando arrivavo a fare comunione con i diversi elementi che partecipano all'esperienza: la vibrazione del vento fuori, il concerto degli uccelli, la presenza rotatoria delle altre compagne… Oppure quando, abbandonandomi alla carezza del suolo, provavo piacere come una bambina a seguire la sincronia danzante dei nostri piedi; e tutto questo, intercettando i segnali inibitori sempre pronti ad insinuarsi nel processo (aspettative, tensioni corporee, agitazione, dubbi…).

Avevo verificato che non era necessario aggiungere, fare troppo, costringere il mio corpo in vista di un risultato. Era sufficiente ascoltare questo flusso circolare liberamente in me – battito del mio cuore e impulso guida del movimento perfettamente accordati. Mettere in opera l'essenziale di ciò che è necessario fare, per allinearsi alla natura profonda del saluto, influiva sulla qualità dell'energia impiegata.
Questo sentiero stretto per trasmutare l'energia passava attraverso la rinuncia allo spirito di competizione e al desiderio di virtuosismo dimostrativo. Il legame tra l'individuale e il collettivo veniva senza sosta messo alla prova a beneficio di qualcosa di transpersonale, più grande del piccolo me. Questa attenzione al tempo stesso incorporata e multidimensionale era una porta d'ingresso nel meraviglioso stato in cui tutto funziona insieme; una chiave per scoprire la finezza e la complessità dello strumento Salutation.
Attraverso tale maniera d’agire s’instaurava una calma salvifica che si diffondeva nello spazio e mi rendeva disponibile a tutte le percezioni. A volte, in seno al mio vorticare, mi sembrava di prendere il volo e di vedere anche le mie compagne sospese come delle mongolfiere. Insieme trovavamo un centro nel quale risiedere, un luogo di pace; insieme diventavamo l'entità organica sorgente del movimento. Nel silenzio frusciava solo il fru-fru leggero delle gonne bianche – e qualche volta, per riorientarci verso una qualità d’essere là, si udiva il suono regolare di una piccola maraca, tenuto da Maud Robart.

Un giorno, alla fine di una lunga sequenza, nell’istante preciso nel quale mi accingevo a lasciare l'azione, Maud fermò in modo netto la mia intenzione, ingiungendomi di dimorare all'interno del processo, di captare il mio bisogno più essenziale e fare liberamente ciò che il mio corpo e il mio cuore mi dettavano. Avrei potuto urlare, saltare, partire come una freccia in una corsa indiavolata... in questa fase d’incandescenza energetica tutto era possibile ma, senza sapere perché, mi sono semplicemente sdraiata sul pavimento, giacente, completamente penetrata dalla risonanza di una pulsazione che il contatto con la terra amplificava - terra e corpo diventati fenomeno unico.
Spesso, in risonanza con la pratica, una sensazione euforizzante, intrisa di serenità meditativa, mi accompagnava per tutto il resto della giornata.

Riflessioni con Maud sulla forma 

A prima vista Salutation può evocare, attraverso la sua dinamica rotatoria ripetitiva, la danza sacra dei «dervisci rotanti». Ma non lasciamoci prendere da facili associazioni, cerchiamo piuttosto, al di là delle apparenze, di distinguere alcune caratteristiche proprie al nostro strumento.

(CB) Esiste, Maud, una somiglianza formale tra il saluto utilizzato nel rituale afro-haitiano e la Salutation?
(MR) Il voodoo haitiano presenta forme di saluto funzionali al contesto rituale e al rango gerarchico degli officianti[3]. Senza entrare nei dettagli, riconosco che nell’istante iniziale dell'evento, l'impulso di ruotare su me stessa per salutare ognuna delle persone disperse nello spazio, ha fatto ritornare naturalmente nella memoria una delle salutazioni codificate, in uso nel rituale Rada e articolata sul ritmo Yanvalou.

(CB) In questo caso perché non aver scelto di restare strettamente fedeli a questo modello di riferimento?
(MR) A dire il vero sono stata catturata dalla spirale che mi avete presentato. E poi, temevo un lavoro di superficie, à partire da un copia/incolla della mia proposta. Può darsi anche mi abbia sfiorata l'idea che la vostra spirale poteva assomigliare da lontano a un'altra forma di saluto rituale haitiano, "les virés" che vorticano. Ma la cosa più importante da ricordare è che, a parte le gestualità di riferimento – numerose nell'apparato liturgico – ciò che mi interessa veramente, nel vudu, sono solamente le tecniche che portano in sé un potenziale di superamento dei particolarismi locali. I canti, ritmi e le danze che ho posto al centro della mia esplorazione ci aprono alla forza primaria, l'energia principiale assopita nel profondo di noi stessi. In tal senso, portando il marchio dell’universale, questi strumenti possono affrancarsi dall'aneddotico, dalle influenze dell'epoca coloniale, da ogni conservatorismo.

(CB) La spirale aveva quindi la sua naturale evidenza!
(MR) Sì, come un gesto che sgorga direttamente dal dinamismo profondo della vita. Il movimento primordiale spiraliforme si trova nel DNA, nelle galassie a spirale, nei cicloni, nella formazione delle conchiglie... Infine Cristina, per tornare alla tua esperienza concreta, le tue spirali mi sono sembrate l'effetto di una mobilitazione organica istintiva, per appropriarti, prendere in te, non un modello esterno ma l'esatta "pulsazione-bussola" di quel saluto che avevo precedentemente abbozzato.  Questo approccio spontaneo d’incorporazione, a partire dalla memoria sensibile e dalla percezione interiore, è molto importante per lasciare avvenire la verità delle forme.

(CB) In effetti, senza il rispetto matematico di questa pulsazione mi sento persa…
(MR) Senza questa pulsazione, il tuo movimento sarebbe meccanico, inarticolato, informe. D’altro canto, il giorno in cui me l’avete presentata, ho accolto la vostra Salutation come fossi testimone di un fenomeno di evoluzione dinamica: la pulsazione ritmica che sfugge dalla forma iniziale delle mie rotazioni per permutare nell'impetuosità della tua spirale. In effetti, attraverso una riorganizzazione dei movimenti e un dinamismo differente, si può sperimentare che i due modelli sono legati dalla stessa pulsazione.

(CB) Sarebbe come una cellula di vita pulsante che anima entrambe le strutture?
(MR) Sì, un unico cuore che batte nelle due strutture. Al di là delle apparenze formali, questa pulsazione è il legame che fa comunicare, mette in comunione tra loro la maggior parte degli elementi della mia ricerca, quando retti dal ritmo Yanvalou. É sempre questa pulsazione che compie l'integrazione organica di nuovi strumenti nel processo. Il principio di coerenza armonica esiste anche nelle liturgie cantate e danzate del vodù. Per esempio la batteria di tamburi Rada è composta da tre battitori, ciascuno dei quali marca un ritmo distinto ma tutti accordati sulla stessa pulsazione. Questa poliritmia obbliga a una coordinazione efficace in una precisione vivente, qualitativa. Il gioco combinatorio delle percussioni genera un’ottimizzazione dei fenomeni vibratori con effetto sull'intensità dei canti, della danza e sulla dinamica di trasformazione dei movimenti.

Queste riflessioni di Maud spiegano perché, se perdevamo la cadenza, lei accompagnava la nostra pratica con il battito regolare di una piccola maraca, o si muoveva in Yanvalou [4] nello spazio, a una certa distanza da noi; o ancora, per mezzo di un canto, collegato a questo stesso ritmo, indicava al nostro corpo la frequenza della pulsazione comune alle due azioni [5].

(CB) E tutte le altre componenti di Salutation come il cambiamento di direzione dei giri o l'avvolgimento delle braccia l'una intorno all'altra, perché averle convalidate, nonostante il loro carattere periferico?
(MR) Il cambiamento di direzione delle rotazioni è un elemento attivo, organico; esiste anche nel saluto rituale ad Haiti. Per quanto riguarda l'avvolgimento delle braccia, non l'ho mai considerato un'aggiunta ornamentale compositiva. Etimologicamente avvolgimento significa spirale, la spirale che è anche il nucleus dello strumento Salutation. Inoltre, l'avvolgimento più temperato, morbido delle braccia sul piano orizzontale sta in relazione d’equilibrio dinamico con la spirale verticale ardente, più viva, generata dal corpo mentre si muove nello spazio. Di conseguenza, la struttura guadagna in complessità e potenza attraverso il dispiegamento simultaneo di flussi antinomici.

E Maud aggiunse, dopo un silenzio, come se esitasse a confidarmi questo particolare:

“Evoca per me anche questa filastrocca, Gira, gira piccolo mulino, nella quale, cantando, il bambino si diverte ad avvolgere le sue braccia l’una attorno all’altra. Le associazioni legate ai giochi dell'infanzia influenzano il modo di muoversi; sono spesso liberatrici di slanci, di spirali di gioia”.

Punto di tangenza

Durante il processo Maud Robart innestò un testo in Salutation, l'Inno alla Dea. All’inizio rimasi sorpresa, perché non avevo previsto questa possibilità. L’approccio elementare, senza fioriture, dell’azione, sembrava palesemente bastare a sé stesso secondo me. Ma appena lo lessi, sentii quanto l’esperienza carnale vissuta con Salutation si rivelasse in affinità misteriosa con il contenuto del testo.

Ve ne presento un estratto:

Questa Potenza definita come Coscienza in tutti gli esseri,
riverenza a Lei, riverenza a Lei, riverenza a Lei,
riverenza.
[...]
Questa Potenza che esiste in tutti gli esseri come Energia,
riverenza a Lei, riverenza a Lei, riverenza a Lei,
riverenza, riverenza.
[...]
Questa Potenza che esiste in tutti gli esseri come Ombra
riverenza a Lei, riverenza a Lei, riverenza a Lei,
riverenza, riverenza.
[...]
Questa Potenza che esiste in tutti gli esseri come Pace,
riverenza a Lei, riverenza a Lei, riverenza a Lei,
riverenza, riverenza.
[...]
Questa Potenza che esiste in tutti gli esseri come amabile Bellezza,
riverenza a Lei, riverenza a Lei, riverenza a Lei,
riverenza, riverenza.
[...]
Questa Potenza che esiste in tutti gli esseri nella forma d’Illusione,
riverenza a Lei, riverenza a Lei, riverenza a Lei,
riverenza, riverenza.

Le parole suggestive, l’andamento ripetitivo nella modalità di mantra, di preghiera – che rievocava in me il fondo invocatorio, incantatorio dei canti di Maud – tutto attestava la risonanza spontanea provata con la nostra Salutation. Rinviando il piacere di un approccio filologico di quest’opera antica, di origine probabilmente sanscrita, mi lanciai risolutamente in questo nuovo orizzonte di ricerca. Memorizzai fedelmente il testo, poi mi esercitai ad articolarlo ad alta voce. Cadevo spesso nell'automatismo di sovra-interpretare le parole, di colorarle dei miei apprezzamenti personali... allora Maud riportava la mia attenzione sul senso neutro delle frasi, sul loro andamento, con l'indicazione di attenermi solo a questo. A poco a poco, il testo divenne per me familiare, attraverso un apprendistato attento quanto quello condotto in precedenza con Salutation. L'allenamento finì per svelare il ritmo significativo, proprio dell'inno, la sua respirazione. Ora vivevo il testo invece dirlo con la testa, di teatralizzarlo, scoprendo la portata comunicativa della parola, del respiro, come prolungamento dell'energia del corpo.

Il momento giusto per integrarlo a Salutation alla fine arrivò.
Fu un altro shock per me, una sorta di cortocircuito che causò la perdita in me di tutti i riferimenti così metodicamente incorporati. Ma in questo smarrimento, che dono fu quando arrivai, anche per un breve istante, a mantenere insieme la struttura integrale del testo e quella del movimento, condizione chiave per una possibile tangenza tra queste due unità autonome d’espressione.
Ad un certo punto sviluppai una percezione sintetica delle due strutture. Ormai potevano fondersi organicamente in me. Allora le mie compagne furono incaricate di rispondermi con la formula ripetitiva che punteggiava ogni stanza... riverenza a Lei, riverenza a Lei, riverenza a Lei, riverenza, riverenza. 
Le loro risposte arrivavano in una cadenza regolare, come una grande respirazione, una grande onda tra di noi.

In fin dei conti, Salutation cos’è?  E cosa ne facciamo?

Al termine di questa sessione marcata dall’annessione del testo a Salutation, Maud ripartì per la Francia lasciandomi sola di fronte a una forma d’incertezza. Tante volte con Salutation avevo avuto l'impressione di scivolare con delizia in un'attività che di per sé, senza alcuna ragione, mi appagava. Mentre altre volte, quando non ero in azione, mi rendevo conto che la mia mente disarmata non aveva a disposizione parole soddisfacenti per classificare questa pratica in una categoria artistica definita.
Tutto ciò che credevo aver già capito sull'arte della performance attraverso i miei studi e le mie attività di attrice dell'epoca, veniva messo in discussione. Una domanda mi ronzava in testa: “Saltutation, cos'è?” Una creazione non soggetta al giudizio, alla critica... a chi si rivolgeva? Si lavorava sempre senza pubblico e senza alcuna prospettiva di spettacolo. Perché dunque aver introdotto un testo?” Mi pareva di non vederne tutte le implicazioni.

Desiderando dissipare la perplessità, un giorno, ne feci partecipe Maud. Lei mi rispose:

“Il livello di precisione vivente che aveva raggiunto allora Salutation permetteva di tentare questa avventura del testo con te. La sfida era confermare una tangenza tra due modi di significare.  L’Inno alla dea è il prodotto di esperienze riguardanti sottili dimensioni della vita umana, percepibili dietro le parole. A sua volta, questo movimento spiraliforme, come hai potuto constatare, mobilita una forza interiore trasformatrice, un vissuto, che, superando il salutatore stesso, può infocare la sua psiche e il suo cuore. Questa connivenza tra le due strutture, rivelata dalla loro messa in tensione, mi racconta qualcosa del legame tra il pensiero e la percezione, tra il fondo e la forma, lo spirito incarnato e il corpo spiritualizzato”.

Cammino di valutazione

(CB) Dopo il completamento di questa tappa legata al testo, quale percorso esplorativo sarebbe auspicabile per lo strumento Salutation?
(MR) Diventa necessario uscire dal quadro in cui Salutation è stato elaborato per continuare a esplorare degli effetti specifici – comuni a tutti – che la sua pratica potrebbe indurre, sul piano fisico, energetico, emozionale, cognitivo... Un elemento oggettivo è già chiaramente visibile nel tuo lavoro Cristina; si tratta di un'onda che appare nel tuo corpo. Quest'onda organica non si può imitare, riprodurre; essa emerge dalla dinamica dell'esercizio, quando gli elementi tecnici, psicofisici e altre condizioni esterne di pratica sono a posto. Pedagogicamente, per non frenare la spontaneità di questo processo in te, non dovrei nemmeno parlartene, ma ho bisogno della tua collaborazione cosciente per intraprendere un lavoro di valutazione.

(CB) Con o senza il testo?
(MR) Senza il testo per ora. Il prossimo passo dovrà ricondurci a una pura esplorazione di Salutation per autorizzare la comprensione diretta di ciò che lo strumento è nella sua natura propria. È il carattere trasparente del movimento che bisogna svincolare, per liberarne l'essenza. È il riconoscimento di quest'essenza impersonale che darà tutto il senso alla nostra indagine.

È così che l’indagine sviluppò in situazioni differenti, con partecipanti che ignoravano del tutto la fase di elaborazione del nuovo strumento – e quindi erano liberi da aspettative particolari verso un qualche risultato. La valutazione proseguì in paesi diversi dall'Italia, con gruppi compositi, che integravano stagisti di nazionalità e d’universi professionali diversificati. Constatammo che questa struttura ondulante si accordava bene sia all’energia degli uomini che a quella delle donne [6].

Con nostra soddisfazione, alcuni tra loro, familiarizzarono di buon grado con i necessari prerequisiti tecnici e, passo a passo nel loro progredire, apparivano sempre più propensi ad assumere altre soglie di rischio. Nel gioco della relazione fragile tra immediatezza e durata, svilupparono un’acuta consapevolezza dell’istante presente. Nell’evidenza di questi momenti, l'elemento oggettivo posto in premessa, l'onda organica, si dava a vedere. L’incontro riuscito con questi nuovi salutatori ci faceva scoprire l'incanto della sintonia; il desiderio contagioso di un potente lasciarsi andare, si faceva promettente.

L'ingresso nell'Oro del Tempo

Tutti gli strumenti nella ricerca di Maud Robart, canti, movimenti, strutture di azione collettiva… sia antichi che nuovi, integrano un medesimo modus operandi retto dalla ripetizione. Come un'iniziazione all'ingresso consapevole nell'oro del tempo, la ripetizione può predisporci alle percezioni più sottili, in una dimensione nella quale il tempo si raccoglie nell'eternità del presente… Questa modalità arcaica, propria alla via esperienziale, apriva la porta a tante domande, amplificava la mia sete di scoperta, dando una nuova spinta al mio impegno.

Al termine de L’odissea Salutation, appena descritta, penso di aver intravisto alcuni aspetti del potenziale, tanto euristico quanto olistico, alla base della prassi sviluppata da Maud Robart. Col senno di poi, ho la certezza di aver penetrato livelli complessi dell'arte, affrancandomi in tal modo dalla tentazione di un’utilizzazione mal fondata, riduttiva di questi elementi.

Attraverso il vissuto diretto, strutturante ed evolutivo, di questi canti e movimenti, ho scoperto alcune meta-capacità che, a mio avviso, costituiscono l’ethos delle pratiche antiche quando esse sono riconosciute nella loro dimensione originaria: disposizioni interiori giuste, impeccabilità, spirito di servizio, apertura della presenza in una relazione non egocentrata con il mondo, l’arte di danzare sul filo delle polarità... Tutte delle "arti in sé", in interazione reciproca, nelle quali il saper fare e il saper essere sono intimamente associati. L’alleanza paradossale di queste qualità operanti, non è semplice da cogliere per noi, gente di oggi, identificati con i nostri condizionamenti socio-culturali e soggetti ai diktat della modernità liquida.

(CB) A questo punto, Maud, possiamo confermare il legame tra Salutation e i modelli originari che operano nel lavoro?
(MR) Personalmente li sento in un rapporto di osmosi. Essi ci risvegliano al mistero della Vita e alla parte segreta del nostro essere. Con intensità trasmettono il sapore intimo dell'ignoto, della libertà. Certo, lo strumento Salutation è una possibilità attuale, laica, ma che si fonde così armoniosamente nella mia pratica dei canti e dei movimenti tradizionali, che le opposizioni viste spesso come inconciliabili – tradizione/modernità, arte soggettiva/arte impersonale, profano/sacro – cadono. Questo non vuol dire che tutto si annulli, ma piuttosto che i dati fondanti, passando in questo caso per le vie spiraliformi dell’iscrizione corporea, dell'interiorità, sono rimessi in prospettiva.
Una domanda fresca si fa luce a partire da un modo nuovo di esistere. Mi fanno vivere la rottura nella continuità. È per questa ragione che parlerò di trasformazione, d’evoluzione, di rinnovamento. La tradizione, nella sua vivacità, fa essere e accoglie in una forma nuova ciò che già esisteva.
Infatti, che si tratti di antiche tecniche rituali o di strumenti nuovi che la mia ricerca fa sbocciare, riuscire a vedere in un lampo da dove provengono questi strumenti e intuire fin dove essi possono condurci è un'equazione personale, che vive in questa analogia: il Nuovo Testamento è nascosto nell'Antico e l'Antico è svelato nel Nuovo [7]. 

Da parte mia, diverse situazioni vissute, mi hanno istruita direttamente sulla relazione organica dei nuovi strumenti con gli antichi, tutte forze in azione. Nel passare senza transizione da Salutation allo Yanvalou, l'energia della spirale si trova come risucchiata e il suo riassorbimento in questa danza originaria genera la loro fusione.
Quando Maud ci accompagna, non lontano dal cerchio in cui pratichiamo Salutation – non importa se in Yanvalou silenzioso o con un canto – entro in risonanza profonda e, spirale dopo spirale, sollevata dall'interno dal magnetismo dell'interazione, vengo trasportata verso stati emozionali enigmatici, da dove mi pare di riconoscere ciò che una volta Maud mi ha detto:

“Nel suo ardore sereno
Salutation è la Pace in movimento
nella sua felicità silenziosa
Yanvalou è la Gioia a riposo.”


* Formatrice in campo educativo, Cristina Baruffi segue l’insegnamento di Maud Robart dal 1995.

[1] “Relianza” definisce lo stato di tutte le cose che sono legate tra loro in una relazione interpersonale.

[2] Cfr.  nota [1] « Vivance de la Vie: le sourire de la vie en toi. Être plongé dans l'incandescence de la vie », nel testo Á propos de Maud Robart – Voix.

[3] Maud Robart racconta: “La salutazione rituale praticata nel culto Rada si presenta come un tipo di circonvoluzione che l’adepto esegue accordato sul ritmo della danza Yanvalou. Egli gira su sé stesso alternativamente in un senso e poi nell’altro. Questa sequenza è punteggiata alla fine di ogni rotazione da una piccola genuflessione di fronte al destinatario (l’houngan, il prete, il loa...) oppure a tutti gli altri elementi simbolizzanti la divinità (il poto mitan, l'altare, i tamburi, l'arbre-reposoir...). Nel terzo e ultimo giro, questo omaggio termina con una prostrazione, baciando 3 volte la terra. Le virés sono la risposta dell’officiante che prende la mano del salutatore, facendolo roteare tre volte su sé stesso.”

[4] Maya Deren, nel suo libro Cavalieri divini del vudù, evoca lo Yanvalou, la principale danza del rito Rada praticata nel voodoo haitiano, come un atto di devozione e di connessione con il divino, una danza meditativa che imprime al corpo una lenta ondulazione serpentina. Nel contesto di questa ricerca, Maud Robart chiarisce per noi l'integrazione di questo movimento: "Lo Yanvalou, vero mantra del corpo, si compie qui nel silenzio, senza accompagnamento di strumenti a percussione; È attraverso la cadenza ondulante del corpo che la danza emerge, appare, nasce, come un movimento della vita. Lo Yanvalou ci trasporta verso la natura fondamentale dell’esistenza, la pulsazione silenziosa della creazione.”

[5] Cfr. Thibaut Garçon, Salutation un’esperienza singolare.

[6] Per ricordare, lo strumento è nato in una compagnia composta solo da donne.

[7] Secondo la formula di Sant’Agostino.


Salutation*
Un’ esperienza singolare

Thibaut Garçon**

Quel giorno, la preparazione fisica** giunge al termine. In piedi, immobile, avverto la sensazione di una spirale d’ aria che ruota silenziosamente nella sala. Non è la prima volta che questa impressione appare simultaneamente intorno a me e nel mio corpo; è qualcosa di sottile e misterioso, fluttua e vortica impercettibilmente, sembra invitarmi a fondermi con questo turbine. È frutto della mia immaginazione? Un fenomeno energetico concreto? Da dove emana?

Ed è allora che, addormentata nel più profondo di me, Salutation si risveglia. Salutation mi chiama!

Ne abbozzo i primi passi e poco a poco i principi fondamentali che danno vita a questo movimento s’incarnano nel mio corpo.

Dopo gli esercizi preliminari, i partecipanti vanno a cambiarsi. Soli, Maud ed io, restiamo ancora lì. La calma, lo spazio vuoto mi consentono di stabilizzare il ritmo delle mie rotazioni, almeno per un breve istante, poiché gli stagisti tornano presto nella sala per asciugare le gocce di sudore che bagnano il pavimento. Praticano questo gesto con grande attenzione a quanto sto facendo. Nonostante ciò, mi sento come un aquilone in balia del vento e il mio movimento perde regolarità. La danza perigliosa, tra il passaggio zigzagante degli stracci e le rotazioni che cerco di stabilizzare, m’appare giocosa e sorrido.

A seguito di questo trambusto, il pavimento rimane ancora umido, impedendo ai miei piedi di scivolare come dovrebbero e il mio corpo, che volteggia, barcolla. Barcolla, sempre nell’ orbita silenziosa di questa spirale fluttuante nello spazio, perché essa non ha mai smesso di vorticare in modo costante, riconducendomi nella giustezza del movimento.

Quando il pavimento si asciuga i miei piedi riprendono a scivolare, il mio corpo ritrova tutta la sua fluidità.

Allora Salutation si dispiega.

Poiché tutto è a posto, Maud Robart invita i partecipanti a rientrare, li fa sedere con discrezione all’ altra estremità della sala e invita uno di loro ad avvicinarsi pur non avendo mai visto né praticato Salutation. Lui si avvicina con tale delicatezza, che una calma più profonda si diffonde dentro di me. La presenza persistente di questa vorticosità diventa vivacità pregnante.

In quel momento Maud Robart inizia a cantare!

Quando il canto s’afferma nello spazio, la mia percezione si adatta, oscilla tra l’ onda del movimento, l’ ascolto del canto, dei silenzi... A poco a poco, il ritmo, la pulsazione, le onde sonore emesse dalla voce di Maud, incitano i miei passi e il mio corpo a ruotare più precisamente. La mia colonna guadagna in flessibilità, freme e lascia passare un’ energia che circola oltre me stesso. Da questo momento, la mia attenzione è ineluttabilmente attratta verso il punto di convergenza di tutte le cose divenute vibranti. E il mio essere scivola al centro stesso del vortice, in quest’unico luogo dove può riposare.

Il movimento ora opera da sé.

Sensazioni più fini affiorano alla mia coscienza. La voce di Maud sembra adesso entrare dalla parte bassa della mia colonna, una vera e propria piccola esplosione nel mio sacro, la cui eco sgattaiola e risale di vertebra in vertebra, giocando con esse, per poi fuggire, birichina, dalla mia fontanella verso spazi impercettibili di silenzio che i miei sensi penetrano ad ogni nuova rotazione. Alcuni di questi silenzi mi aprono ad un tale abbandono che la mia fronte, da sola, s’inclina nel saluto e fanno sorgere nella mia memoria sensibile tutti gli altri luoghi nei quali questo movimento mi ha già abitato. Alcuni di questi silenzi seminano il mio cuore in modo sottile, altri mi danno una vasta impressione di pace, altri ancora conducono la mia anima di fronte al vuoto... Ma il ciclo imperativo delle pulsazioni mi ritorna dal basso, propelle nuovamente la mia colonna vertebrale in una spirale verticale, sfidandomi e portando i miei piedi al limite della caduta; cado senza cadere del tutto, ogni volta sempre un po’ più inebriato dal pericolo.

Ora sono sia testimone che agente dell’ incontro tra un movimento organico e una voce. Il gesto volontario mi ha abbandonato, il mio corpo trova la sua strada nella gioia stessa del canto. Piccole risate attraversano nello stesso istante il canto di Maud e lo slancio del mio movimento, in un’ unica onda capace di legare e falciare queste due realtà.

Un flusso di vita, senza fine, senza nome, si propaga nel mio essere.

Osservo semplicemente ciò che si compie, attento che nulla si danneggi, per dimorare intatto in questo modello originale. Salutation è diventata la sposa del canto. Volteggiano assieme, da onde in spirali, da risate in preghiere, carnali e sacre, due serpenti in questo grande vortice.



*L’esperienza raccontata qui si svolge in Brasile, nell’ottobre 2014, durante una sessione di lavoro diretta da Maud Robart con gli attori del Teatro Balagan. In questo contesto Thibaut Garçon ha mantenuto una pratica individuale, regolare e assidua dello strumento Salutation. Salutation è una struttura in movimento. Dritto, nella propria verticalità, il salutatore, ruotando ritmicamente su sé stesso, esplora gli effetti complessi del flusso dinamico così generato. Ogni rotazione realizzata a destra è seguita da una a sinistra, in una successione di spirali alternate. Vedere, a tal proposito, il testo di Cristina Baruffi, L’Odyssée Salutation - Genesi di uno strumento.

**Thibaut Garçon ha incontrato l’insegnamento di Maud Robart nel 1999. In seguito, ha contribuito allo sviluppo degli assi principali di questa pratica esploratoria.

***Si tratta di una sequenza di esercizi corporei, che mira a favorire l’ unità del corpo e della mente nella pratica di Maud Robart.